lunedì 3 novembre 2008

Energia dalle onde
di Annette Bruhns, traduzione Uwe Wienke

Come trasformare la forza delle onde marine in energia elettrica? In gara ci sono tre concorrenti: il serpente marino, il drago delle onde e la patella. Nessuno sa ancora quale di questi animali meccanici vincerà la gara, ma il premio è alto.
Il World Energy Council (WEC) di Londra stima che il 15 percento del fabbisogno elettrico mondiale potrebbe essere coperto da impianti di sfruttano il moto ondoso dei mari. Questa quantità sarebbe il doppio di quella attualmente prodotta dalle centrali nucleari.
Già da cento anni, gli ingegneri studiano dei metodi con i quali poter sfruttare l’energia dei mari, ma finora l’energia delle onde fornisce energia elettrica solo ad alcune boe in alto mare. L’unica eccezione si trova sulla piccola isola scozzese Isley, abitata da allevatori di pecore e distillatori di whisky. Limpet, “patella”, così si chiama il primo impianto al mondo che sfrutta l’energia delle onde. L’impianto consiste in una struttura di cemento armato ed una turbina che è attaccata, come una patella, appunto, ad uno scoglio, una roccia della costa, ed ha una potenza di 250 chilowatt.


AP La forza delle onde una fonte energetica del futuro? Con la più moderna tecnologia, gli ingegneri tentano di trasformare in energia elettrica.






DPA Centrale Limpet sull’isola scozzese di Islay: La "Patella" è la prima centrale del mondo che sfrutta l’energia delle onde e che immette energia elettrica nella rete con una potenza di 250 kW. La centrale consiste in una struttura di cemento, larga 20 metri, e una turbina che, come una patella su uno scoglio, e attaccata su una roccia della costa.


La “patella” sembra respirare affannosamente. Si tratta dell’aria che entra ed esce dalla turbina. L’apparecchio, installato sette anni fa dall’azienda scozzese Wavegen, trasforma la forza delle onde in aria compressa. Le onde in arrivo penetrano nell’immensa camera di cemento armato e comprime l’aria che si trova al suo interno. Quando l’acqua esce dalla camera, l’aria si espande. La corrente d’aria così generata mette in moto una cosiddetta turbina Wells, inventata dall’ormai defunto ingegnere Alan Wells, fondatore della Wavegen. Questa turbina mantiene la sua direzione di rotazione benché la direzione della corrente d’aria cambi periodicamente.
Limpet è un progetto pilota che, nonostante le sue “malattie infantili” ha avuto così tanto successo che il produttore tedesco di turbine Voith Siemens, due anni fa, ha voluto acquisire la Hydro Power Wavegen.
Gli ingeneri della Voith cercano ora di migliorarne la tecnologia. Oltre alla “patella” originale lunga dieci metri, si sta ora sperimentando con una turbina di tre metri che, con una potenza nominale di 18,5 chilowatt, produce quasi la stessa quantità di energia elettrica che produce la “sorella maggiore”.
La Voith pensa di sostituire in futuro la “patella” più grande con una serie di queste più piccole. Il concetto sembra essere giusto: in Spagna, nei paesi baschi, una società elettrica pensa all’installazione di 16 cosiddette turbine “breakwater” nei nuovi moli del porto di Mutriku. Il progetto, che dovrà produrre elettricità per 200 famiglie, sarà però realizzato solo se potrà beneficiare di un finanziamento dell’Unione Europea.

Wavegen

Turbina: La turbina sviluppata da Alan Wells per la centrale sull’isola scozzese di Islay sfrutta la pressione dell’aria spinta dalle onde. Gira in una sola direzione, nonostante che la direzione del vento cambia periodicamente.

E’ prevista anche una serie di turbine “breakwater”, con una potenza nominale di 3,6 megawatt, da impiantare sull’isola di Lewis nelle Hebridi, commissionata da una società britannica affiliata alla tedesca RWE. Ma anche la società energetica tedesca EnBW sta cercando, congiuntamente alla Voith, un sito adatto sulla costa tedesca del Mare di nord.
Alla Voith sono convinti che la tecnologia “onda-aria” sia molto promettente. “Se non dobbiamo costruire gli onerosi generatori da alto mare e possiamo integrare questi nei nuovi impianti costieri, possiamo essere economicamente imbattibili”; dice il manager Weilepp della Voith. Gli impianti sulla costa non disturbano inoltre la navigazione e la loro manutenzione risulta essere molto più facile e meno costosa rispetto a quelle d’alto mare.
L’ingegnere danese Erik Friis-Madsen è invece del parere che una tale tecnologia non sarà mai in grado di fare concorrenza a quella che sfrutta il vento. “In alto mare, le onde sviluppano un’energia cinque volte maggiore rispetto a quelle in prossimità della costa”. Nel Mare del nord, un’onda sviluppa una potenza che può arrivare a 75 chilowatt al metro, sulla costa, invece, la potenza media di un’onda è compresa tra 5 e 15 chilowatt.
Friis-Madsen sperimenta in alto mare. La sua invenzione si chiama “Drago delle onde”. Ciò che si sta progettando è un vero e proprio mostro: il governo del Galles è disposto ad investire 7,5 milioni di Euro nel “Wave Dragon” che pesa 33.000 tonnellate e ha una larghezza di 300 metri. Il costo complessivo del drago è di 17 milioni di Euro.
Già da tre anni, una versione più piccola del “Wave Dragon” ha dimostrato le sue capacità in un fiordo danese. Il drago funziona secondo il principio della “altezza di caduta indotta dall’onda”: le onde invadono una rampa, l’acqua cade in un serbatoio dove viene raccolta e, ritornando nel mare, aziona un sistema di turbine a bassa pressione.
In futuro, nel Mare celtico si costruirà un intero parco di draghi con una potenza di sette megawatt. Anche in Portogallo è prevista la realizzazione di un simile parco che usa la stessa tecnologia danese. C’è già l’interesse di alcuni investitori, ma manca ancora il grande capitale.
La società Ocean Power Delivery (OPD) di Edinburgh, invece, ha già trovato questi capitali. Le società Norsk Hydro e General Electric sono diventati partner dell’OPD. Per questo motivo, il progetto “Pelamis”, sviluppato dalla società scozzese, potrebbe avere maggiori possibilità di essere realizzato. Si tratta di un impianto del tipo “serpente marino” destinato a funzionare nel mare aperto.

Norsk Hydro
L’impianto "Pelamis" (disegno): il serpente rosso della Scozia produce corrente elettrica usando il principio dell’idrodinamica. Quattro elementi collegati che, insieme, assumono una lunghezza di 150 metri galeggiano perpendicolarmente alla cresta delle onde. I singoli elementi seguono il movimento delle onde.

La tecnologia “Pelamis” è elegante: Il rosso serpente d’acciaio scozzese produce energia elettrica mediante un sistema idrodinamico. Quattro elementi collegati insieme, con una lunghezza complessiva di 150 metri, galleggiano nel mare perpendicolarmente alla cresta delle onde in modo che, i singoli elementi, seguano il moto ondoso. Cilindri idraulici integrati nelle giunture tra gli elementi assorbono il movimento e conferiscono le forze, mediante un sistema idraulico, a sei generatori di elettricità. La potenza complessiva di “Pelamis” è di 750 chilowatt.
Il responsabile per lo sviluppo della OPD, Max Carcas, spiega: “Quando si tratta dell’energia delle onde, quel che conta è il materiale che deve essere impiegato per produrre un chilowattora”. Il serpente marino “Pelamis” pesa 750 tonnellate. Rispetto all’impianto danese, per produrre un decimo di energia occorre solo un quarantesimo del peso.

Norsk Hydro
Prototipo di "Pelamis": Cilindri idraulici integrati nelle giunture tra gli elementi, assorbono il movimento e lo trasmettono, mediante un sistema idraulico, a sei generatori elettrici.

“La più grande prova per un impianto che sfrutti il moto delle onde è la tempesta” , dice Carcas, “o l’impianto si oppone alla massa d’acqua o cede e si adegua”. E “Pelamis possiede proprio questa capacità: non si oppone alle ondate frangenti, ma nella tempesta si immerge nell’onda.
“Pelamis” ha sostenuto il primo test pratico ed ha prodotto elettricità nel clima rigido dell’Atlantico settentrionale davanti alle isole Orkney. Però solo per circa mille ore, ossia per un periodo sensibilmente minore rispetto agli impianti della concorrenza.
I costruttori di „Pelamis“ non amano molto parlare dell’efficienza del loro prodotto, così come anche i tecnici della concorrenza, perché non esiste ancora un metodo standardizzato di valutazione che consentirebbe un confronto. Il rendimento degli impianti è naturalmente inferiore rispetto a quello dei generatori eolici: gli impianti captano solo una parte della forza delle onde della quale solo una piccola parte viene trasmessa alle turbine e ai generatori.
I costruttori di “Pelamis” sono però ottimisti: sono i primi che hanno già potuto vendere alcuni di questi impianti. Un consorzio portoghese, guidato dalla società Enersis, ha acquistato tre “serpenti” per l’ammontare di circa otto milioni di Euro. Questa estate, i tre impianti dovranno essere ancorati davanti a Póvoa de Varzim, a nord del Portogallo.
Se l’operazione dovesse avere successo, l’Enersis pensa ad un contratto per altre 28 macchine che potrebbero formare un parco con una potenza installata di 20 megawatt, sufficiente per l’approvvigionamento di 15.000 famiglie. Anche una società britannica, affiliata di E.on, pensa all’installazione di un impianto che sfrutti il moto ondoso. Poche settimane fa, la Scottish Power ha fatto sapere che costruirà un parco di “serpenti” ad ovest delle Orkney.
L’ingegnere Carcas è anch’egli ottimista: già nel giro di tre o quattro anni, la tecnologia dell’OPD potrebbe competere con i windpark off-shore. E questo non solo dal punto di vista economico: rispetto ai generatori eolici, per la stessa potenza installata, gli impianti che sfruttano la forza delle onde necessitano solo della metà dello spazio necessario a quelli eolici. E questo, in futuro, potrebbe essere un vantaggio decisivo: anche sul mare lo spazio non è illimitato.

Fonte: (Annette Bruhns, Schlange, Drache oder Schnecke?, in: Spiegel Spezial 27.03.2007)
Tratto da: www.miniwatt.it